Che cos’è l’interoperabilità e perché è così importante

Da Framablog ho ripreso e tradotto l’articolo di Stephane Bortzmeyer  C’est quoi, l’interopérabilité, et pourquoi est-ce beau et bien.

Visto che era un riferimento importante per la comprensione dell’articolo, ho tradotto anche l’appello per l’interoperabilità dei giganti del web,  lanciato da La Qudrature du Net e da altre associazioni.

Buona lettura 🙂

Protocollo, HTTP, interoperabilità, questi termini ti dicono qualcosa? E standard, specifiche, RFC, tutto chiaro?
Se hai bisogno di capire un po’ meglio, l’articolo qui sotto è un pezzo scelto, scritto da
Stéphane Bortzmeyer che si è sforzato di rendere accessibili queste nozioni fondamentali. 

Protocolli

Il 21 maggio 2019, sessantanove organizzazioni, tra cui Framasoft, hanno firmato un appello per l’imposizione, possibilmente per legge, di un minimo di interoperabilità per i grandi attori commerciali del Web.

“Interoperabilità” è una bella parola, ma non è necessariamente parte del vocabolario di tutti, e quindi merita di essere spiegata. Perciò parleremo di interoperabilità, di protocolli, di interfacce, di standard e spero di riuscire a farlo restando comprensibile (se sei uno specialista di informatica, tutto questo lo sai già, ma l’appello delle 69 organizzazioni riguarda tutti).

Il Web, o meglio tutta Internet, si basa su protocolli di comunicazione. Un protocollo è un insieme di regole che devono essere seguite se si desidera comunicare. Il termine deriva dalla comunicazione umana, ad esempio, quando incontriamo qualcuno, ci stringiamo la mano o ci presentiamo se l’altro non ci conosce, ecc. Negli umani, il protocollo non è rigido (tranne nel caso del ricevimento nel suo palazzo da parte della Regina d’Inghilterra, ma questo deve essere un fatto raro tra le lettrici e i lettori di Framablog). Se la persona con cui comunichi non rispetta esattamente il protocollo, la comunicazione può ancora avvenire, anche se ciò significa che questa persona è poco educata. Ma i software non funzionano come gli umani. A differenza degli umani, non hanno flessibilità, le regole devono essere seguite esattamente. Su una rete come Internet, perché due software possano comunicare, ognuno deve seguire esattamente le stesse regole, ed è l’insieme di queste regole che crea un protocollo.

Un esempio concreto? Sul Web, per consentire al browser di visualizzare la pagina desiderata, è necessario chiedere a un server Web uno o più file. La richiesta viene effettuata inviando al server la parola GET (“dammi” in inglese) seguita dal nome del file, seguito dalla parola “HTTP / 1.1”. Se un browser cercasse di inviare il nome del file prima della parola GET, il server non capirebbe niente e risponderebbe invece con un messaggio di errore. A proposito di errori, potresti aver già incontrato il numero 404 che è semplicemente il codice di errore usato dai software che parlano HTTP per indicare che la pagina richiesta non esiste. Questi codici numerici, progettati per essere utilizzati tra software, hanno il vantaggio sui testi di non essere ambigui e di non dipendere da un particolare linguaggio umano. Questo esempio descrive una parte molto piccola del protocollo denominato HTTP (sta per Hypertext Transfer Protocol ) che è il più utilizzato sul web.

Esistono protocolli molto più complessi. Il punto importante è che dietro lo schermo, i software comunicano tra loro utilizzando questi protocolli. Alcuni servono direttamente ai software che utilizzi (come HTTP, che consente al browser Web di comunicare con il server che contiene le pagine desiderate), altri protocolli dipendono dall’infrastruttura software di Internet; il tuo software non interagisce direttamente con loro, ma sono indispensabili.

Il protocollo, queste regole di comunicazione, sono indispensabili in una rete come Internet. Senza un protocollo, due programmi software semplicemente non potrebbero comunicare anche se i cavi sono collegati e le macchine sono accese. Senza protocollo, il software si troverebbe nella situazione di due umani, un francese che parla solo francese e un giapponese che parla solo giapponese. Anche se tutti e due hanno un telefono e conoscono il numero dell’altro, nessuna vera comunicazione potrà avvenire. L’intera Internet è basata sul concetto di protocollo.

Il protocollo consente l’interoperabilità. L’interoperabilità è la capacità di comunicare di due prodotti software diversi realizzati da team di sviluppo differenti. Se un’università boliviana può avere scambi con una società indiana, è perché entrambi usano protocolli comuni.

power connector

Un esempio classico di interoperabilita: la presa elettrica. Kae Kae [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)%5D, via Wikimedia Commons

Solo i protocolli devono essere comuni: Internet non richiede l’uso dello stesso software né che il software abbia la stessa interfaccia con l’utente. Se prendo l’esempio di due software che parlano il protocollo HTTP, il browser Mozilla Firefox (che potresti usare per leggere questo articolo) e il programma curl (usato principalmente dagli informatici per le operazioni tecniche), questi due programmi hanno usi molto diversi, si interfacciano con l’utente in base a principi opposti, ma entrambi parlano lo stesso protocollo HTTP. Il protocollo è quello che parla con gli altri software (l’interfaccia con l’utente è invece per gli esseri umani.).

La distinzione tra protocollo e software è cruciale. Se uso il software A perché lo preferisco e tu il software B, finché i due programmi parlano lo stesso protocollo, nessun problema, sarà solo una scelta individuale. Nonostante le loro differenze, compresa l’interfaccia utente, entrambi i software comunicano. Se, d’altra parte, ogni software ha il proprio protocollo, non ci saranno comunicazioni, come nell’esempio fatto sopra del francese e e del giapponese.

 

Babele

Quindi, tutti i software utilizzano protocolli comuni, consentendo a tutti di comunicare felicemente? No, e non è obbligatorio. Internet è una rete con ”permesso opzionale “. A differenza dei vecchi tentativi di reti di computer che erano controllati dagli operatori telefonici e che decidevano quali protocolli e quali applicazioni avrebbero eseguito sulle loro reti, su Internet, puoi inventare il tuo protocollo, scrivere il software che lo parla e diffonderlo sperando di avere successo Questo è il modo in cui il Web è stato inventato: Tim Berners-Lee (e Robert Cailliau) non hanno dovuto chiedere il permesso a nessuno.Hanno definito il protocollo HTTP, scritto le applicazioni e la loro invenzione ha avuto successo.

Questa libertà di innovazione senza permesso è quindi una buona cosa. Ma ha anche degli svantaggi. Se ogni sviluppatore di applicazioni inventa il proprio protocollo, non ci saranno più comunicazioni o, più precisamente, non ci sarà più interoperabilità. Ogni utente sarà in grado di comunicare solo con persone che hanno scelto lo stesso software. Alcuni servizi su Internet hanno una buona interoperabilità, la posta elettronica, per esempio. Altri invece sono composti da un insieme di silos chiusi, che non comunicano tra loro. Questo è ad esempio il caso degli instant messenger. Ogni applicazione ha il proprio protocollo, le persone che usano WhatsApp non possono comunicare con chi usa Telegram, che non può comunicare con chi preferisce Signal o Riot. Mentre Internet è stata progettata per facilitare la comunicazione, questi silos, al contrario, bloccano i loro utenti in uno spazio chiuso.

La situazione è la stessa per i social network commerciali come Facebook. Puoi comunicare solo con persone che sono su Facebook. Le pratiche dell’azienda che gestisce questa rete sono deplorevoli, ad esempio nell’acquisizione e nell’utilizzo di dati personali, ma quando viene suggerito a chi usa Facebook di abbandonare questo silos, la risposta più comune è “ Non posso farlo, tutti i miei amici sono lì, e non potrei più comunicare con loro se me ne andassi . “Questo esempio è una buona illustrazione dei pericoli dei protocolli aziendali e, al contrario, dell’importanza dell’interoperabilità.

Kae [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons

La torre di babele, quadro di Pieter Bruegel il vecchio. Pubblico dominio,(Google Art Project)

Ma perché ci sono diversi protocolli per lo stesso servizio? Ci sono diversi motivi. Alcuni sono tecnici. Non li svilupperò qui, non è un articolo tecnico, ma i protocolli non sono tutti equivalenti, ci sono ragioni tecniche oggettive che possono fare scegliere un protocollo piuttosto che un altro. E poi due persone diverse potrebbero pensare che due servizi non sono realmente identici e quindi meritano protocolli separati, anche se tutti non sono d’accordo.

Ma possono esserci anche ragioni commerciali: l’azienda dominante non ha alcun desiderio che i giocatori più piccoli competano con essa e non vuole consentire l’ingresso di nuovi arrivati. Ha quindi una forte motivazione ad usare solo un suo protocollo, che nessun altro conosce.

Infine, ci possono essere anche ragioni più psicologiche, come la convinzione, nel creatore di un protocollo, che il suo protocollo sia molto migliore degli altri.

Un esempio di un recente successo in termini di adozione di un nuovo protocollo è dato dalla fediverse. Questo termine, contrazione di “federazione” e “universo” (in italiano fediverso) include tutti i server che comunicano tra di loro con il protocollo ActvityPub, che l’appello delle sessantanove organizzazioni cita come esempio. ActivityPub ti consente di scambiare un’ampia varietà di messaggi. I programmi Mastodon e Pleroma utilizzano ActivityPub per inviare brevi testi, che chiamiamo micro-blogging (come fa Twitter). PeerTube utilizza ActivityPub per vedere e commentare i nuovi video. WriteFreely fa lo stesso con i testi che questo software di blog consente di scrivere e distribuire. E, domani, Mobilizon utilizzerà ActivityPub per informazioni sugli eventi che permetterà di organizzare. Questo è un nuovo esempio della distinzione tra protocollo e software. Sebbene molte persone chiamino il fediverse “Mastodon “, questo è inesatto. Mastodon è solo uno dei software che consente l’accesso a fediverse.

Neanche il termine ActivityPub è l’ideale. Esiste infatti una serie di protocolli necessari per comunicare all’interno di fediverse. ActivityPub è solo uno di questi, ma ha dato il suo nome un po’ a tutto l’insieme.

Non tutti i software del movimento di “reti sociali decentralizzate” utilizzano ActivityPub. Ad esempio, Diaspora non lo usa e quindi non è interoperabile con gli altri.

 

Appello

Torniamo ora all’appello citato all’inizio. Che cosa chiede? Questo appello richiede che l’interoperabilità venga imposta ai GAFA, le grandi società capitaliste che si trovano in una posizione dominante nella comunicazione. Tutte sono silos chiusi. Non c’è modo di commentare un video di YouTube se si dispone di un account PeerTube, di seguire i messaggi su Twitter o Facebook se si è su fediverse. Queste GAFA non cambieranno spontaneamente: bisognerà costringerle.

Si tratta solo della comunicazione esterna. Questo appello è moderato, nel senso che non richiede alle GAFA di cambiare la loro interfaccia utente, la loro organizzazione interna, i loro algoritmi di selezione dei messaggi o le loro pratiche nella gestione dei dati personali. Si tratta solo di ottenere che esse consentano l’interoperabilità con i servizi concorrenti, in modo da consentire una reale libertà di scelta da parte degli utenti. Tale aggiunta è semplice da implementare per queste imprese commerciali, che hanno fondi abbondanti e un gran numero di programmatori competenti. Eaprirebbe” il campo delle possibilità. Si tratta quindi di difendere gli interessi degli utenti. (Mentre il governo, nei suoi commenti , ha citato solo gli interessi delle GAFA, come se fossero specie in pericolo che devono essere difese).

 

Chi comanda?

Ma chi decide i protocolli, chi li crea? Non c’è una risposta semplice a questa domanda. Esistono molti protocolli diversi e le loro origini sono varie. A volte sono scritti in un testo che descrive esattamente ciò che le due parti devono fare. Questo è chiamato una specifica. Ma a volte non c’è alcuna specifica, solo alcune idee vaghe e un programma che utilizza questo protocollo. Ad esempio, il protocollo BitTorrent, ampiamente utilizzato per lo scambio di file e per il quale esiste un’interoperabilità molto buona con molti software, non è stato oggetto di una specifica completa. Niente costringe gli sviluppatori: Internet è “a permesso opzionale “. In questi casi, chi volesse creare un programma interoperabile dovrà leggere il codice sorgente (le istruzioni scritte dal programmatore) o analizzare il traffico che circola, per cercare di dedurre quale sia il protocollo (quello che si chiama reverse engineering). Questo è ovviamente più lungo e più difficile ed è quindi molto auspicabile per l’interoperabilità che ci sia una specifica scritta e corretta (si tratta di un esercizio difficile, il che spiega perché alcuni protocolli non ce l’hanno).

A volte le specifiche sono formalmente adottate da un’organizzazione il cui ruolo è quello di sviluppare e approvare le specifiche. Questo si chiama standardizzazione. Una specifica approvata è uno standard. L’interesse di uno standard rispetto a una specifica ordinaria è che riflette, a priori, un consenso piuttosto ampio di una parte degli attori, non è più un atto unilaterale. Gli standard sono quindi una buona cosa, ma nulla è perfetto, quindi il loro sviluppo è a volte laborioso e lento.

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Scrivere delle norme corrette e consensuali può essere laborioso. Codex Bodmer – Frater Rufillus (wohl tätig im Weißenauer Skriptorium) [Public domain]

Non tutti gli standard sono uguali. Alcuni sono disponibili pubblicamente (come importanti standard dell’infrastruttura Internet, RFC – richiesta di commenti), altri riservati a coloro che pagano o a quelli che sono membri di un club chiuso. Alcuni standard sono sviluppati pubblicamente, in cui tutti hanno accesso alle informazioni, altri sono creati dietro porte accuratamente chiuse. Quando lo standard è sviluppato da un’organizzazione aperta a tutti, secondo le procedure pubbliche, e il risultato è pubblicamente disponibile, si parla spesso di standard aperti. E, naturalmente, questi standard aperti sono preferibili per l’interoperabilità.

Una delle organizzazioni di standard aperti più conosciute è l’ Internet Engineering Task Force ( IETF), che produce la maggior parte delle RFC. L’IETF ha sviluppato e mantiene lo standard che descrive il protocollo HTTP, il primo citato in questo articolo. Ma esistono altre organizzazioni di standardizzazione, come il World Wide Web Consortium ( W3C ), che è responsabile per lo standard ActivityPub.

Ad esempio, per gli instant messenger che ho citato, esiste uno standard, che è chiamato Extensible Messaging and Presence Protocol (XMPP ). Google l’ha usato, poi l’ha abbandonato, giocando invece il gioco della chiusura.

 

Difficoltà

L’interoperabilità non è ovviamente una soluzione magica per tutti i problemi. Come abbiamo detto, l’appello delle sessantanove organizzazioni è molto moderato poiché richiede solo un’apertura a terzi. Se questa richiesta si traducesse in una legge che imponga questa interoperabilità, questo non risolverebbe tutto.

Innanzitutto, ci sono molti modi per rispettare la lettera di un protocollo, violando il suo spirito. Lo vediamo nella posta elettronica dove Gmail, in posizione dominante, impone regolarmente nuovi requisiti ai server di posta con i quali si degna di comunicare. L’email, a differenza della messaggistica istantanea, si basa su standard aperti, ma questi standard possono essere soddisfatti aggiungendo delle regole. Questo braccio di ferro mira a impedire ai server indipendenti di comunicare con Gmail. Se fosse adottata una legge che segue le raccomandazioni dell’appello, non c’è dubbio che le GAFA tenterebbero questo tipo di gioco e che dovrebbe esserci un meccanismo per monitorare l’applicazione della legge.

In modo più sottile, la società che volesse “aggirare” gli obblighi di interoperabilità può anche pretendere di voler “migliorare” il protocollo. Si aggiungono due o tre cose che non erano nello standard, e poi si fa pressione sulle altre organizzazioni perchè anche loro aggiungano quelle funzioni. Questo è un esercizio che i browser web hanno praticato molto, per ridurre la concorrenza.

Giocare con gli standard è tanto più facile in quanto alcuni standard sono scritti male, lasciando troppe ombre (e questo è il caso di ActivityPub). Scrivere uno standard è un esercizio difficile. Se lasciamo molta scelta ai programmatori che creeranno il software, c’è il rischio di distruggere l’interoperabilità, seguendo scelte troppo diverse. Ma se forziamo questi programmatori, imponendo regole molto precise per tutti i dettagli, impediamo al software di evolversi in risposta ai cambiamenti di Internet o del suo utilizzo. La standardizzazione rimane quindi un’arte difficile, per la quale non abbiamo un metodo perfetto.

Conclusione

Ecco, mi dispiace di essere stato lungo, ma i concetti di protocollo e interoperabilità sono poco insegnati, mentre sono cruciali per il funzionamento di Internet e soprattutto per la libertà dei cittadini che la usano . Spero di averli spiegati chiaramente e di averti convinto dell’importanza dell’interoperabilità. Pensa a sostenere l’appello delle sessantanove organizzazioni!

 

Per approfondire

E se vuoi maggiori informazioni su questo argomento:

 

Ridateci gli RSS!

Riprendo da Framablog un articolo di Aral Balkan curato e tradotto in francese da Goofy.
La traduzione è dall’originale inglese con l’aiuto, in qualche passaggio, della versione in francese.

Un grazie all’autore e al traduttore.

Buona lettura 🙂

 

 

Non molto tempo fa, i feed RSS ci erano familiari ed erano molto utili.  Aral Balkan ci invita ad usarli dappertutto e spiega perché sono forse il futuro di un altro web che sta nascendo.

Semplici da configurare su una pagina web, consentono un collegamento senza intermediari tra la produzione di contenuti e il pubblico, evitando così le piattaforme centralizzatrici a cui abbiamo permesso di crescere come parassiti sulle nostre comunicazioni. Mentre viene confermata una forte tendenza verso la federazione dei contenuti , la rilevanza dei feed RSS che permette di scoprirli potrebbe essere un alleato importante per ritornare a un decentramento del Web.

Vogliamo ritrovare i feed RSS

Dal post di Aral Balkan Reclaiming RSS

Molto prima di Twitter, prima che gli algoritmi filtrassero la nostra realtà al posto nostro, prima del capitalismo di sorveglianza , esistevano già i feed RSS: acronimo di Really Simple Syndication, cioè la syndication davvero semplice . 1

Ma allora, che cosa sono?

Per chi è nato nel mondo dei silos Web centralizzati, RSS è un’antica tecnologia del Web 1.0 (“il Web ingenuo rete degli inizi?”). Come per molte cose di quell’epoca, il nome dice tutto: facilitano la syndication dei contenuti del tuo sito, cioè, la condivisione. Le persone interessate a seguire i tuoi post si iscrivono al tuo feed e ricevono aggiornamenti utilizzando il loro lettore RSS. Nessun Twitter o Facebook per intervenire con algoritmi per censurare … uhm … “moderare” i tuoi post.

Il feed RSS è incredibilmente semplice da implementare (solo un file XML). se vuoi puoi scriverlo a mano (anche se non lo consiglio).

Ecco un estratto dal feed RSS del mio sito , che mostra alcuni dei campi per la voce corrente di questo post:

<?xml version = "1.0" encoding = "utf-8" standalone = "yes"?> <rss version = "2.0" xmlns: atom = "http://www.w3.org/2005/Atom"> <channel> <title> Aral Balkan </ title> <link> https://ar.al/ </link> <description> Recent content on Aral Balkan </description> <lastBuildDate> Fri, 29 Jun 2018 11:33:13 +0100 </lastBuildDate> ... <item> <title>Rediscovering RSS </ title> <link> https://ar.al/2018/06/29/rediscovering-rss/ </link> <pubDate>Fri, 29 Jun 2018 11:33:13 +0100 </pubDate> <author> mail@ar.al (Aral Balkan) </author> <description> (The content of this post goes here.) </description> </item> ... </channel> </rss>

Inoltre la sua implementazione è quasi universale.

Dov’è il mio RSS?

È probabile che, se hai un sito web, hai già un feed RSS, che tu lo sappia o meno. Se ad esempio usi Hugo come me per creare il tuo sito, il tuo feed RSS è qui: /index.xml

Altri generatori possono inserirli come:  / rss, / feed, /feed.xml, ecc.

Il sito Noun Project offre una buona selezione di icone RSS che sono a tua disposizione

Una volta non si poteva navigare sul Web senza vedere dappertutto le seducenti icone RSS che decoravano con garbo le bellissime vetrine del Web 1.0. Ma questo era prima che venissero vampirizzate dai dispositivi di tracciamento … ehm … ” i pulsanti di condivisione social” di Google e Facebook che praticano la tratta intensiva degli internauti.

Prima c’era anche una buona propensione dei browser a rilevare e visualizzare automaticamente i feed RSS. Oggi, nessuno dei principali browser sembra farlo.

È arrivato il momento di ribellarsi a questa situazione e tornare a chiedere un supporto di alto livello per i feed RSS, come parte di una trasformazione verso un nuovo decentramento del Web.

Ma non devi aspettare che gli editori dei browser si decidano (alcuni come Google sono essi stessi agenti del capitalismo di sorveglianza e altri, come Mozilla, devono le loro risorse finanziarie ai capitalisti di sorveglianza). Ora puoi dare un posto d’onore ai feed RSS trovando l’URL del tuo RSS e mostrandolo con orgoglio sul tuo sito.

Niente di complicato: solo un link nella parte <head> della tua pagina 2 e un link nel <body> con un’icona RSS che ti fa entrare nella famiglia del Web decentralizzato.

ecco il link da inserire nell’ <head> :

<link rel = "alternate" type = "application / rss + xml" href = "https://ar.al/index.xml" />

ed ecco l’intestazione da inserire nel <body> che collega  al feed RSS tramite un’icona visivamente riconoscibile.

<a rel = 'alternate' type = application / rss + xml ' href = '/index.xml' > <img class = 'RSS' src = '/icons /rss.svg' alt = 'RSS feed icon' title = 'Subscribe to my RSS feed' > </a>

Dai un’occhiata al sito Noun Project per scegliere la tua icona RSS, sono tutte con licenza Creative Commons .

RSS pesante o leggero?

Il lettore di feed RSS visualizza perfettamente tutti i contenuti HTML.

Quando crei un feed RSS per il tuo sito, hai la possibilità di includere solo un riepilogo del tuo biglietto o il suo contenuto completo. Ho modificato la configurazione del mio Hugo e il modello RSS predefinito seguendo le istruzioni di Brian Wisti per includere l’intero contenuto nel feed e ti consiglio di fare lo stesso.

Sei anni fa, ho sostenuto il contrario ! Ho scritto “il pesante RSS è solo una copia del contenuto sotto un altro nome”. Ho sbagliato. Ero troppo ossessionato dal mantenere una presa formale sui miei progetti e quindi non sono riuscito a fare una scelta ponderata usando criteri di progettazione etica .

Il lettore RSS Newsbar non mostra correttamente le immagini o lo stile nell’anteprima del contenuto

Screenshot del lettore RSS di RSS NewsBar su macOS che mostra le mie iscrizioni, l’elenco dei miei post sul blog e un’anteprima del mio post su Kyarchy, con l’immagine e gli stili che sono scomparsi.

Più persone hanno i mezzi per accedere ai tuoi contenuti pubblicati, più questi contenuti hanno la possibilità di rimanere online e meglio è per la libertà di tutti.

Contenuto duplicato? Sì, nessun problema! Più abbiamo e meglio è. Bene, con la versione web peer-to-peer del mio sito , l’obiettivo è duplicare il contenuto tante volte quante sono le persone a consultarlo.

Certo, il tuo contenuto potrebbe essere leggermente diverso da un lettore RSS a un altro, perché alcune applicazioni non sono conformi agli standard, ma è il loro problema, non il tuo. Secondo i miei test parziali, il lettore Leaf per macOS visualizza perfettamente il mio feed RSS pesante mentre NewsBar non lo fa. Non serio (e spero che il team di NewsBar ne prenderà nota al fine di migliorare il rendering in un futuro aggiornamento. Dopo tutto, nessuna applicazione arriva perfetta sul mercato).

Ora che ci stiamo spostando dal Web centralizzato a un Web peer-to-peer, è tempo di riscoprire, abbracciare e richiedere i feed RSS.

Tutto ciò che è vecchio assume nuove forze.

L’RSS era una parte essenziale del Web 1.0 prima che il capitalismo di sorveglianza  (Web 2.0) lo afferrasse.

Sarà una componente preziosa del Web + e oltre.


[Copyright © 2018 Aral Balkan. Licenza: Creative Commons Attribution-ShareAlike.]


  • Per approfondire l’argomento dei feed RSS, un altro articolo dello stesso autore pubblicato più di recente: Refining the RSS e le sue avventure notturne per cercare di far apparire questa dannata icona RSS.
  • Per iscriverti ai feed di Framablog,vai qui in basso a destra
  • Con Firefox, non è molto difficile iscriversi ai feed Web, sia in formato RSS che in altri formati
Una voce di menu nei segnalibri o più diretta, un’icona da inserire nella barra personale. Maggiori dettagli in questo articolo di SUMO
  1. L’articolo originale parla solo di feed RSS, dovremmo parlare di feed Web, dal momento che il loro formato può essere anche .atom
  2. Grazie a Ed Summers per avermi detto su Mastodon che ho dimenticato di aggiungere l’indirizzo del mio feed RSS nella parte superiore delle mie pagine. Ho anche notato dando un’occhiata a MDN che ci sono elementi semantici che puoi aggiungere ai link usati nel <body>

10 cose che non sapevo su Internet e sul mio computer

PouhiouDa Framablog ho tradotto l’articolo “10 trucs que j’ignorais sur Internet et mon ordi“.   L’autore, Pouhiou,  è uno scrittore, attore e molto altro ancora che lavora per Framasoft.
Pouhiou ha deciso di distribuire  le sue opere con licenza CC-0 (no copyright)  che le colloca direttamente nel Pubblico Dominio.
Il francese di Pouhiou  è pieno di espressioni idiomatiche e mi ha dato un bel da fare nella traduzione, come al solito sono ben accetti suggerimenti e correzioni.

Buona lettura 🙂

Disclaimer: Questo articolo è distribuito con licenza CC-0, perché i piccoli pezzi di conoscenza che contiene sono armi di autodifesa digitale che bisogna diffondere. Insomma, spero davvero che qualcuno di voi lo trasformi in un top YouTube, un articolo di BuzzFeed, un fumetto, qualcosa che non ho ancora nemmeno immaginato, quello che volete … Ma che comunque si diffonda il messaggio.

1) Non consulti una pagina Internet, la copi.

Pratchett procesor

Qualsiasi somiglianza con le metafore di Terry Pratchett è solo pura ammirazione da parte mia

Un sito web non è una specie di giornale, messo nel magico paese di Internet perché il tuo browser vada a consultarlo come tu consulteresti il quotidiano del tuo giorno di nascita alla mediateca dell’angolo.
Per visualizzare una pagina Web, il browser la copia sul tuo computer. I testi, le immagini, i suoni:
tutto ciò che si vede o si sente sul tuo schermo è stato copiato sul tuo computer (brutto pirata!)
Un computer è una fotocopiatrice che seleziona i dati come un gigantesco formicaio che può fare un sacco di cose. La buona notizia è che copiare permette di moltiplicare e che questo non ruba niente a nessuno, perché se ti copio un file, tu continui ad averlo.

2) Il mio browser non cucina la stessa pagina web del tuo.

Scherzi a parte, immaginate che una pagina web, sia una ricetta di cucina:

Mettete un titolo in grande, in grigio e in grassetto.
Riducete l’immagine in modo che copra un quarto della colonna di visualizzazione, mettete da parte.
Posizionate il testo, decorato con un bel carattere, allineato a sinistra e poi l’immagine a destra.
Servite caldo.

Il browser web (Firefox, Chrome, Safari, Internet Explorer …)  è il cuoco. Scaricherà gli ingredienti e seguirà la ricetta. Hai già visto quando si dà la stessa ricetta con gli stessi ingredienti a 4 diversi chef? Sì, insomma è come a Top Chef, vengono fuori 4 piatti che non sono proprio identici.

Soprattutto quando i piatti non sono della stessa dimensione (come lo schermo del telefono e quello del tuo computer …) e che per cucinare uno utilizza il forno e l’altro un forno a microonde (lascio a te trovare nella tua mente una corrispondenza metaforica, ce la puoi fare, credo in te :p !) .

In breve: l’articolo che leggi ha poche probabilità di avere lo stesso aspetto per te e per la persona a cui lo passerai 😉

  • Scegli Firefox se non hai voglia di rifilare i tuoi dati a Google- Chrome, Apple Safari, o Microsoft-Edge

  • O altrimenti Chromium,  è Google Chrome senza Google dentro 😉

3) Lo streaming non esiste

No. Lo streaming è un download che man mano si cancella. Perché un computer è una macchina per copiare.

Lo streaming è un download che non puoi (o non sai) recuperare, quindi tu scarichi un video o un file audio, ma solo per una volta, e se vuoi usarlo di nuovo,devi ancora scaricarli e così intasi i le tubature di Internet.

Vedi i preziosi megabyte del tuo abbonamento dati per il telefono che ti rovinano ogni mese? Si tratta di testi, immagini suoni, video e informazioni che arrivano fino al tuo computer (PC o smartphone, eh, è la stessa cosa). La quantità di questi mega, sono un po’ i litri di acqua che recuperi dai rubinetti di Internet.

Guardare o ascoltare la stessa cosa due volte in streaming, su YouTube o Soundcloud, per esempio, è come se prendessi due volte lo stesso bicchiere d’acqua dal rubinetto.

4) Quando guardi una pagina web, anche lei ti guarda.

Il mio libro non mi dice di tirarlo fuori dal cassetto del comodino. Non sa dove sono quando lo leggo, quando mi fermo, quando salto delle pagine, nè sa a quale capitolo passo o quando lo lascio e se è per andare a leggere un altro libro.

Su Internet le tubature vanno in entrambe le direzioni. Una pagina web sa già molto su di te anche appena ci clicchi sopra e la vedi apparire. Sa dove ti trovi, perché conosce l’indirizzo del nodo internet a cui sei connesso. Sa quanto tempo ci resti. Quando clicchi su un’altra pagina dello stesso sito. Quando e dove te ne vai via.

Netflix, per esempio, è un’ applicazione web, cioè un sito web iper complesso, del tipo IQ di intellettuale più più più. Netflix sa che tipo di film preferisci vedere nelle notti insonni. A partire da quale episodio ti appassioni veramente alla stagione di una serie. Devono anche essere in grado di determinare quando fai la tua pausa pipì!

Sì: Internet ti guarda solo per poter funzionare, e spesso anche di più. Non ti sbagliare: prende appunti su di te.

5) Non c’è bisogno di un account Facebook / Google / ecc. perché abbiano un dossier su di te.

Se Internet può guardarti, quelli che guadagnano più soldi hanno i mezzi per approfittarne (logico: possono permettersi i migliori specialisti).

Google

Quando ti parlano di “servizi personalizzati” vogliono venderti questo…hanno i mezzi per approfittarne (logico: possono permettersi i migliori specialisti)

Vede il piccolo pulsante “Mi piace” (o “Tweet” o “+1” o …) su tutti gli articoli web che leggi? Questi piccoli pulsanti sono spie, buchi della serratura. Danno a Facebook (o Twitter o Google o …) tutte le informazioni su di te di cui parlavamo poco sopra. Se tu non hai un account e non hanno il tuo nome, le metteranno sull’indirizzo dell tuo computer. Il peggio è che funziona anche con le cose che si vedono di meno (i font forniti da Google e ampiamente utilizzati dai siti, i framework javascript, i video di YouTube incorporati su un blog …)

La stragrande maggioranza dei siti usa anche “Google Analytics” per analizzare i tuoi comportamenti e conoscere meglio quali pagine web funzionano meglio e come. Di conseguenza, queste informazioni non sono solo fornite alla persona che ha fatto il sito: Google le recupera di passaggio. Dove la cosa si fa divertente è quando ci si chiede chi decide che un sito funziona “bene”? Che cos’è questo “bene”? E per chi è bene …?

Sì: con il ranking dei blog, come con YouTube money Google decide spesso come dobbiamo creare i nostri contenuti.

6) Una email è una cartolina.

Tendiamo a paragonare le email (e gli SMS) a delle lettere, il contenuto dentro la busta. Ma non è così: è invece una cartolina. Tutti (la posta, il centro di smistamento, chi gestisce il treno o l’aereo, l’altro centro di smistamento, il postino …), tutte queste persone possono leggere il tuo messaggio. Alcuni professionisti mi dicono perfino che è chiaramente un poster affisso sulle pareti di questi intermediari, perché per transitare attraverso i loro computer, la tua email si … copia. Sì, anche se si tratta di una foto delle tue parti intime …

Se vuoi una busta, deve cifrare le tue email (o i tuoi sms).

Da ragazzo, adoravo decifrare i messaggi in codice nella pagina dei giochi di Topolino. C’era una frase fatta di stelle, quadrati e altri simboli e dovevi indovinare che la stella è la lettera A, il cuore la lettera B, ecc. Quando avevo trovato tutte le corrispondenze Apriti sesamo: avevo trovato la chiave per decifrare la misteriosa frase nel fumetto di Topolino.

Immagina la stessa cosa in versione computer, potenziata alle anfetamine. E’ questa la crittografia. Un piccolo software prende la tua email/SMS, applica la chiave delle corrispondenze strane per crittografarla in una nebbia di simboli e l’ invia al tuo amico. Dato che i vostri software si sono già scambiati le chiavi, il tuo amico può decifrarla. Ma dato che è l’unico ad avere la chiave, solo lui può farlo.

Ecco, questo ti crea una busta di piombo che anche lo sguardo laser di Superman non può attraversare per leggere la tua lettera.

7) Il cloud è il computer di un altro.

There is no cloud, just other people's computers

Questa è un’immagine dei nostri amici della FSFe

Mettere sul cloud i propri file (iCloud), i messaggi di posta elettronica (Gmail), i propri strumenti (Office365) … è metterli sul computer di Apple, di Google, di Microsoft.

Allora d’accordo, non si parla di un piccolo PC che prende la polvere. Si parla di una grande server farm, migliaia di computer che scaldano così tanto che dei condizionatori d’aria devono funzionare a pieno regime.

Ma è lo stesso principio: un server è un computer-servitore in modalità Igor, che resta sempre acceso, che è collegato alla più grossa tubatura internet possibile. Quando gli si chiede una pagina web, un file, una email, un’applicazione … lo si frusta e deve rispondere in fretta “Siii, padrone!”

Tutta la questione è di sapere se ti fidi degli Igor degli scienziati pazzi il cui scopo è di diventare sempre più ricchi e  padroni del mondo o del piccolo Igor del gentile nerd che sta vicino a casa tua … O anche se ti puoi permettere il lusso di avere il tuo Igor, un server a casa tua.

8) Facebook è più forte della mia volontà.

Sì, io sono debole. Ancora oggi penso “Clicco su Facebook tra due faccende da sbrigare.” O Twitter. O Tumblr.

Io, dopo qualche minuto di Facebook (allegoria)

Io, dopo qualche minuto di Facebook (allegoria)

O un’altra applicazione qualsiasi, è lo stesso

Cinque minuti più tardi, mi riduco in uno stato di quasi zombie facendo scorrere con la rotella del mouse, davanti ai miei occhi ipnotizzati,  le informazioni del mio muro di Facebook. Finisco per fare quello che ci si aspetta da me: cliccare su un titolo puttanata, mettere like, ritwittare una notifica e rispondere su degli argomenti di cui non mi importerebbe nulla se un conoscente me ne parlasse al bar.

Non è che mi manchi la volontà: è solo che Facebook (e i suoi colleghi di ufficio) mi hanno studiato bene. Insomma, hanno studiato più il genere umano che me, ma che sfortuna:   io ne faccio parte. Così hanno costruito i loro siti, le loro applicazioni ecc. in modo da intrappolarmi, perché io ci resti (per divorare la loro pubblicità) e ci ritorni.

Queste tecniche di design per piratare le nostre menti (come ad esempio lo “scroll infinito”, le “notifiche slot machine” e “i titoli che attirano i click (clickbait)” di cui parlo qui sopra sono intenzionali, studiate e documentate. Utilizzano semplicemente dei difetti della nostra mente (subconscio, inconscio, bias cognitivi … lascio agli scienziati le definizioni di tutto questo) che provocano un corto circuito nella nostra volontà. Non basta credere di essere padroni di se stessi per esserlo veramente. Spesso avviene il contrario: è il codice che detta legge nelle nostre menti.

Insomma, sono debole, perché sono un essere umano, quindi non sono il solo. E questo i giganti del web lo hanno capito bene.

9) Internet è quello che io ne farò.

Just do it!

Fallo e basta!

Se voglio vedere altre cose nella mia vita digitale, posso scegliere: aspettare che gli altri lo facciano fino a quando delle ragnatele incolleranno le mie dita ai tasti della tastiera, come uno scheletro … oppure posso muovere le mie dita.

Beh sì, non ho imparato a guidare la macchina in venti ore di scuola guida, un sacco di dolci non mi sono riusciti prima di comprare gli utensili giusti e la prima sciarpa che ho fatto era piena di buchi. Ma adesso so guidare, so cucinare dei dolci niente male e anche farmi un golf con i ferri da maglia.

Beh, creare e distribuire contenuti su Internet, è la stessa cosa, si impara. Si trovano facilmente delle informazioni e degli strumenti su Internet (e anche dei corsi per lavorare a maglia!).

Una volta che lo sappiamo, possiamo proporre qualcosa di diverso: c’è la moda degli articoli brevi, vuoti e con i titoli puttanata? E se invece resistessi alla tentazione del titolo per fare invece una cosa super, scrivendo un articolo per il blog lungo, denso e che raccolga un sacco di argomenti sparsi …?

Oh, aspetta.

10) Questa non è la fine del mondo, ma solo l’inizio.

Quando vediamo a qual punto abbiamo perso il controllo dell’informatica, delle nostre vite digitali, della nostra capacità di immaginare semplicemente come si potrebbe fare in modo diverso … c’è di che deprimersi.

Ma prima di chiedere che ti portino una corda, una pietra e un fiume, considera solo una cosa: quella digitale è una rivoluzione ancora giovane nella nostra storia. È come quando scopri il cioccolato, il trucco (maquillage), o una fottuta nuova serie che spacca: ne fai una scorpacciata.

Socialmente, ci rimpinziamo di computer (fino a metterli nelle nostre tasche sì, dei veri computer con opzione telefono!) e di digitale, e qui i più grandi commercianti di cioccolato / trucco / serie si sono rimpinzati alle nostre spalle rifilandoci della roba dolce, grassa e che qualche volta ci fa venir voglia di vomitare.

Ma siamo solo all’inizio, e c’è ancora tempo per imparare a diventare buongustai, e imparare a truccarsi con eleganza e anche a scrivere una fan fiction su questa nuova serie.

È tempo di tornare a un’informatica amica, a misura d’uomo, verso uno strumento che noi controlliamo! (E non il contrario, perché non mi piace che la mia lavatrice mi dia degli ordini, ma siamo impazziti!)

Le persone più intelligenti di me e gli specialisti mi hanno detto che con il trio “free software + crittografia + servizi decentrati” abbiamo trovato una buona pista. Io tendo a credere loro, e se ti va bene, puoi venire a esplorare questa via con noi. Questo non ci impedirà di percorrerne altre, insieme e allo stesso tempo, perché abbiamo un vasto territorio da scoprire.

Allora, sei pronto per la terra incognita?